E’ uscito su “TuttoMontagna”
l’articolo
di Alma
PEREGO su Almerino Bertolini
L'Ottantenne di San Giovanni di Querciola scopre la pittura in età avanzata
Nato al Sasso di sotto, una
borgata di San Giovanni di Querciola,
il 26 settembre ha festeggiato il suo 88esimo compleanno. Una festa senza
sfarzi, ad Almerino Bertolini non
sono mai piaciuti, ma vissuta in piena semplicità ed in armonia con la natura
che da tutti questi anni lo circonda al punto da sentirsi più che parte
dell’ambiente, un tutt’uno con i colori, i suoni e l’impalpabilità che
percepisce solo chi, fin dalla nascita, ha ricevuto in dono quella sensibilità
artistica che si esprime ovunque, in principal modo, per Almerino, sui cartoni
e sulle tele che affollano il suo insolito atelier:
una cucina con un tavolo di legno grezzo che si affaccia alla piccola finestra
che dà sul giardino.
Sguardo acuto e indagatore sotto
il cappello a falda larga che non abbandona mai, sorriso solare e una voglia di
vivere che avvolge e coinvolge chi gli sta accanto, quinto dei fratelli
Giuseppina, Giuseppe, Clerenzio e Luigi che il tempo se li è portati via, lui,
splendido ottuagenario, mi racconta in una serata la storia della sua vita.
“Possiamo incontrarci dalle 20 alle 23 - sottolinea con disinvoltura - dopo ho
altri impegni!”
La cornice dell’incontro è la casa di pietra del Sasso, dove abita. Più interessato a parlare delle sue avventure/disavventure (tante!) che della sua infanzia, Almerino si accalora e si commuove quando affronta il periodo oscuro della guerra. La partenza, la malinconia, la curiosità di veder nuove terre, di conoscere più da vicino ragazzi di campagna come lui, sono argomenti che declina con attenzione, sottolineando particolari che non vuole siano dimenticati, come la detenzione nel campo d’addestramento (così li chiamavano!) a Dortmund in Germania: terra fredda, dove i colori erano totalmente diversi da quelli a lui noti, la lingua aspra come l’aspetto, spesso la crudeltà, dei militari da cui ha subito anche torture.
Ma i suoi viaggi “da soldato” sono andati oltre, spaziando dalla Francia al Belgio, dall’Austria al sud dell’Italia, dove ha incontrato il mare, un amore incondizionato che lo ha legato per il resto dei suoi giorni. Non solo, racconta con il suo tipico gesticolare, degli edifici dove erano alloggiati, uno in particolare è rimasto impresso nella sua memoria: un grande caseggiato con tante finestre “vuote”, i bombardamenti avevano infranto i vetri.”Sembravano tanti occhi ciechi - rievoca – ma erano in sintonia con tutto il resto della città, era Borgo San Dalmazio - precisa con dovizia di particolari - in provincia di Cuneo!”
La cornice dell’incontro è la casa di pietra del Sasso, dove abita. Più interessato a parlare delle sue avventure/disavventure (tante!) che della sua infanzia, Almerino si accalora e si commuove quando affronta il periodo oscuro della guerra. La partenza, la malinconia, la curiosità di veder nuove terre, di conoscere più da vicino ragazzi di campagna come lui, sono argomenti che declina con attenzione, sottolineando particolari che non vuole siano dimenticati, come la detenzione nel campo d’addestramento (così li chiamavano!) a Dortmund in Germania: terra fredda, dove i colori erano totalmente diversi da quelli a lui noti, la lingua aspra come l’aspetto, spesso la crudeltà, dei militari da cui ha subito anche torture.
Ma i suoi viaggi “da soldato” sono andati oltre, spaziando dalla Francia al Belgio, dall’Austria al sud dell’Italia, dove ha incontrato il mare, un amore incondizionato che lo ha legato per il resto dei suoi giorni. Non solo, racconta con il suo tipico gesticolare, degli edifici dove erano alloggiati, uno in particolare è rimasto impresso nella sua memoria: un grande caseggiato con tante finestre “vuote”, i bombardamenti avevano infranto i vetri.”Sembravano tanti occhi ciechi - rievoca – ma erano in sintonia con tutto il resto della città, era Borgo San Dalmazio - precisa con dovizia di particolari - in provincia di Cuneo!”
Poi il ritorno a casa, dopo lo
sbarco in Normandia; 30 chili persi e i piedi gonfi per il lungo cammino. Da
allora in poi Almerino vive in un mondo tutto suo, deve rielaborare i disastri
psicologici che l’hanno fortemente segnato, e lo fa a proprio modo, come
sempre, lavora, si impone un regime alimentare assolutamente parco, si dà
regole precise, quasi da schema costruito con meticolosa consapevolezza per
sopravvivere all’orrore vissuto, alla stanchezza fisica e mentale che ne
rappresentano lo strascico. Non tralascia però il gusto di camminare per i
boschi, dove si procura anche la legna per riscaldarsi d’inverno, ma anche
castagne, funghi, radicchi e altri doni della natura. Questo continuo
registrare ambienti, conosciuti, riscoperti ma anche nuovi, lo porterà a
sviluppare i sensori che tradurranno nel tempo il suo essere “artista” fuori
dagli schemi, unico nel suo genere. E veniamo all’estate 1988, quando nei caldi
pomeriggi, sotto al vecchio noce del Sasso, un nipote con tanto di cavalletto,
tavolozza e colori, si prepara per affrontare il prossimo anno al liceo
artistico.
Almerino è incuriosito, guarda attentamente, lo segue nelle sue peripezie di linee tracciate con il carboncino, di pennellate a olio o ad acquerello. Lì, in quei momenti, inizia timidamente a provare con gli attrezzi di Mirko e, come un fiume in piena, affiorano ricordi, forme, colori e profumi. Riempie di forma vecchi cartoni, fogli in disuso fino a perfezionare la sua tecnica con sicurezza, da autodidatta, sì, ma con uno stile che viene riconosciuto degno di attenzione alla prima esposizione al “Cavazzone” dove i suoi quadri olio su tela ma soprattutto acquerelli, invitavano lo spettatore a soffermarsi per cogliere sfumature o concetti non rituali, neppure di tendenza; in sintesi, solo delle opere che vogliono trasmettere nella pura semplicità emozioni non forti, più tese alla scoperta di serenità, quella serenità interiore che forse il nostro artista ha scoperto negli anni più che maturi per regalarci sensazioni insolite, per scoprire che la natura può essere interpretata anche nell’ accezione che va oltre il naif, per concedersi un privilegiato equilibrio armonico che profuma di ricerca continua, per risolversi in espressione artistica d’alto livello quale è quella, tra le altre, del quadro che è stato segnalato all’ultima esposizione di Almerino Bertolini a Regnano: due galline ed un gallo in primo piano, eleganti ognuno nel proprio ruolo, sullo sfondo sereno e dolce della collina reggiana. E pensare che non ha mai studiato la tecnica dei Macchiaioli!
Almerino è incuriosito, guarda attentamente, lo segue nelle sue peripezie di linee tracciate con il carboncino, di pennellate a olio o ad acquerello. Lì, in quei momenti, inizia timidamente a provare con gli attrezzi di Mirko e, come un fiume in piena, affiorano ricordi, forme, colori e profumi. Riempie di forma vecchi cartoni, fogli in disuso fino a perfezionare la sua tecnica con sicurezza, da autodidatta, sì, ma con uno stile che viene riconosciuto degno di attenzione alla prima esposizione al “Cavazzone” dove i suoi quadri olio su tela ma soprattutto acquerelli, invitavano lo spettatore a soffermarsi per cogliere sfumature o concetti non rituali, neppure di tendenza; in sintesi, solo delle opere che vogliono trasmettere nella pura semplicità emozioni non forti, più tese alla scoperta di serenità, quella serenità interiore che forse il nostro artista ha scoperto negli anni più che maturi per regalarci sensazioni insolite, per scoprire che la natura può essere interpretata anche nell’ accezione che va oltre il naif, per concedersi un privilegiato equilibrio armonico che profuma di ricerca continua, per risolversi in espressione artistica d’alto livello quale è quella, tra le altre, del quadro che è stato segnalato all’ultima esposizione di Almerino Bertolini a Regnano: due galline ed un gallo in primo piano, eleganti ognuno nel proprio ruolo, sullo sfondo sereno e dolce della collina reggiana. E pensare che non ha mai studiato la tecnica dei Macchiaioli!
“Mi piacerebbe trasmettere ciò
che ho imparato ai giovani - conclude Almerino. Siamo convinti che non si
tratterebbe di pura attività didattica sull’uso delle tecniche pittoriche,
sarebbe scuola di vita.
Alla prossima esposizione.
Pennellata finale: se vedete
un’Ape Piaggio percorrere le nostre strade matildiche, alla guida potrebbe
esserci Almerino che porta i suoi quadri alle mostre!
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